Archivi categoria: journal-arte

Storia di una villa palladiana

Nel veneto un grandioso sistema territoriale si è andato a costituire nel tempo, composto da numerose ville, che riuniscono i caratteri di residenza signorile e insieme di centro agrario. Esse hanno trovato la loro più alta definizione architettonica con Andrea di Pietro dalla Gondola, detto il Palladio, il quale raggiunge, a partire dalla metà del XVI secolo, una piena consapevolezza urbanistica, nell’integrare, con maestria, le ville al contesto circostante.

A pochi chilometri da Vicenza si trova il complesso della Villa Piovene da Schio, contornata da un ampio giardino con grandi viali di piante e ampi spazi verdi.

Il complesso è stato costruito nella seconda metà del ’600 dalla Famiglia Piovene, su progetto, d’ispirazione palladiana, dall’architetto e ingegnere Antonio Pizzocaro, ingrandita in seguito, nel sec. XVIII, con l’aggiunta del portico verso il parco settecentesco, per un bell’esempio di giardino all’italiana.

La villa è stata ereditata poi dalla famiglia da Porto e in ultimo dalla famiglia da Schio, l’attuale proprietaria, che ha deciso per un duplice motivo, uno di carattere affettivo e l’altro di carattere economico-imprenditoriale, di restaurare l’intero complesso.

Il restauro, come sostiene l’architetto Giacomo di Thiene, ha lo scopo di restituire piena funzionalità all’intero complesso ed ha interessato, pertanto, sia gli interni sia gli esterni dell’edificio: tetti, pavimenti, stucchi, decori ed inferriate.

La villa veneta va vissuta non solo come residenza, ma come polo di attività – sostiene l’attuale proprietario Giovanni da Schio – il cui scopo è conservarla e tramandarla, con amore, alle prossime generazioni, ma con la visone moderna di renderla fruibile al pubblico, aprendo così le porte ai visitatori.

Pellegrino Capobianco

Sc’Arti in mostra

Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma!

Non è una lezione di fisica classica, ma il principio che ha ispirato i circa 70 artisti partecipanti alla II edizione di “sc’Arti in mostra”, manifestazione organizzata dalla Provincia di Avellino per promuovere la cultura del riciclo, del riuso dei rifiuti attraverso l’arte.

L’inaugurazione si tiene martedì 21 aprile, alla ore 10:00, presso il Museo Irpino / Complesso Monumentale Ex Carcere Borbonico di Avellino. La mostra è visitabile fino al 16 maggio 2015, secondo gli orari della struttura ospitante.

Due categorie di concorrenti (Artisti e Scuole), suddivisi in due sezioni distinte (Arte/Scultura e Design), animano l’esposizione con creazioni fuori dall’ordinario e ci ricordano che, forse, nei nostri bidoni di spazzatura … si cela un’opera d’arte!

Il restauro di Palazzo Isolani e Palazzo Bolognini Isolani

Le facciate contigue di Palazzo Isolani e Palazzo Bolognini Isolani, al cui interno si apre Corte Isolani, passaggio coperto che conduce alla medievale Strada Maggiore, costituiscono la quinta prospettica di uno dei luoghi più belli e suggestivi di Bologna, Piazza Santo Stefano, detta anche Piazza delle Sette Chiese.

Palazzo Isolani, la cui prima costruzione risale al periodo fra il XII e XIV secolo, proprietà prima dei Fiessi, poi dei Lupari, diviene la dimora della famiglia Isolani nel 1671, a seguito dell’unione di Jacopi Isolani e Francesca Lupari. Nel 1708 è Alemanno, figlio della coppia, a commissionare a Giuseppe Antonio Torri il rifacimento dell’imponente struttura. È, di fatto, grazie ai disegni originari dell’architetto, conservati nell’Archivio di famiglia, che è stato possibile effettuare i recenti lavori di restauro e riportare in auge gli originali colori settecenteschi della facciata.

I lavori di restauro sono stati condotti dall’architetto Marina di Mottola Balestra e hanno interessato, inoltre, Corte Isolani e la facciata attigua di Palazzo Bolognini Isolani, costruzione duecentesca rinnovata nel quattrocento dall’architetto fiorentino Pagno di Lapo Portgiani in pieno stile toscaneggiante. Di proprietà dei Bolognini, il Palazzo viene acquistato da Ludovico Isolani nel 1842 e ristrutturato nel decennio successivo. Come ricorda l’attuale proprietario, Francesco Cavazzi Isolani, è in quegli anni che risale la collocazione dei sei busti nelle bifore delle finestre del piano nobile.

Il restauro di Palazzo Bolognini Isolani è stato davvero complesso, tuttavia molto più interessante, perché il rinvenimento di tracce di colore sul cornicione, sulle teste e sui vasi ha fatto ipotizzare che la facciata fosse interamente affrescata, un unicum a Bologna, da attribuire, probabilmente, ad eventuali influenze dell’edilizia urbana patrizia di area nordica.

 Pellegrino Capobianco per ADSI

Il futurismo cosmico di Riccardo Ricas nella Milano degli anni ’30.

Riccardo “Ricas” Castagnedi (1912-1999) è stato un pittore milanese, attivo soprattutto tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Quaranta. Il suo stile onirico e a tratti asettico lo inquadra perfettamente nell’ambito del Secondo Futurismo italiano, in particolare all’interno di quel Futurismo cosmico d’impronta prampoliniana che coniuga insieme Aeropittura, Surrealismo e Astrattismo. Le sue creazioni sono caratterizzate da paesaggi asettici, alieni, visioni aeree di mondi sconosciuti, con un’attenzione particolare alle forme geometriche e alle ombre di derivazione dechirichiana.

Co-firmatario del Manifesto della Plastica Murale Futurista nel 1936, Ricas è stato definito dal critico Enrico Crispolti come apportatore di uno stile << accentuatamente neo – metafisico >>. Questa miscellanea di stili che caratterizza il futurismo cosmico di Ricas e, in generale, il Secondo Futurismo milanese, è stata descritta egregiamente da Enrico Prampolini che nel 1932 sulla rivista “Futurismo” scrive: <<Vedo nell’Aeropittura il mezzo per sorpassare le frontiere della realtà plastiche…e di vivere le forze occulte dell’idealismo cosmico>>. Ricas nel corso degli anni Trenta partecipa a tutti gli eventi più importanti a livello internazionale assieme al gruppo dei futuristi milanesi: Triennali, Biennali e Mostre di Aeropittura Futurista Italiana. Per questi appuntamenti l’artista milanese propone opere dai titoli suggestivi (purtroppo quasi tutte andate perdute): Viaggio nel mio pianeta, Umanità geologica, Cosmico, Geologia subcosciente

Nell’ambito della produzione artistica di Ricas è doveroso ricordare la cospicua serie di paesaggi umanizzati con teste – architettura di spiccata ispirazione surrealista. In essa il tema dell’autoritratto con baffi del pittore è predominante: questo inserimento di tematiche ironiche e ludiche va sicuramente ricollegato al forte legame che in questo periodo Ricas stringe con il pittore Bruno Munari, famoso per le sue mille invenzioni e innovazioni.

Oltre alla produzione artistica vera e propria (che racchiude in sé anche numerose sculture, progetti di scenografie teatrali, pitture murali e ceramiche futuriste) Ricas va ricordato per la sua collaborazione con il grandissimo Munari nell’ambito della grafica pubblicitaria d’artista. Insieme i due artisti hanno dato vita allo Studio R+M attivo per tutti gli anni Trenta. Lo Studio di grafica pubblicitaria di Munari e Ricas sviluppa ai massimi livelli il concetto di fotomontaggio e di fotocollage: essi si caratterizzano per l’estrema contaminazione fra fotografia e segno grafico creando soluzioni tipografiche di matrice futurista, manipolazioni uniche e molto soggettive.

Ricas, Sogno a Capri, tempera su cartone, 60x40, 1938
Ricas, Sogno a Capri, tempera su cartone, 60×40, 1938

Ricas assieme a Munari collabora per la realizzazione d’illustrazioni su moltissime riviste dell’epoca tra cui L’Ala d’Italia e L’Ufficio Moderno; le illustrazioni per L’Ala d’Italia sono state interamente acquistate dalla famiglia del famosissimo Conte Caproni, ingegnere aeronautico e costruttore, nel Secondo Dopoguerra.

Negli anni Cinquanta Ricas va ricordato per la sua fondamentale collaborazione nell’ideazione del Carosello, il format pubblicitario con cui tutti i bambini andavano a letto. Dal Dopoguerra in poi la sua attività di artista lascia il posto a quella d’imprenditore: fonda la rivista “Il Mondo” e diventa presidente del Touring Club Italiano. Ricas muore nel 1999.

Martina Borghi

Palazzo Niglio Jadicicco

Nel centro storico di Frattamaggiore, affacciato sull’antica via Atellana, sorge Palazzo Niglio Jadicicco, uno dei pochi palazzi della provincia partenopea ancora abitato dalla famiglia, che lo ha fatto costruire nella seconda metà del XVII secolo.

Nel 1780 il proprietario Michele Niglio, ufficiale della guardia personale di Ferdinando IV di Borbone e poeta, decide di ristrutturarlo e rivoluzionarlo nel suo assetto originario, seguendo il canone stilistico tardo barocco, pervaso da quel clima raffinato e aristocratico, sviluppatosi ai tempi della dinastia borbonica nel Regno di Napoli.

Numerose, inoltre, sono le influenze dovute all’edificazione della vicina reggia di Caserta e di Napoli, ma soprattutto, al fascino dell’antichità che emergono dai primi scavi delle città di Pompei ed Ercolano, sommerse dall’eruzione del 79 d. C..

Per i suoi attuali proprietari la dimora storica è luogo di memoria; forte è dunque sentito l’obbligo morale alla tutela e alla conservazione, tanto che li ha naturalmente indotti, come spiega Bianca Iadicicco de Notaristefani di Vastogirardi, ad affrontare un restauro durato circa due anni, il cui fine è quello di trasmettere il bene alle future generazioni.

Pellegrino Capobianco per ADSI